TV SORRISI E CANZONI n.11 (1979)

Una storia con la data di domani. I SOPRAVVISSUTI IMPARANO A VIVERE DOPO LA FINE DEL MONDO.

Martedì 20 marzo debuttano i protagonisti di una serie televisiva che esplora i comportamenti dell'uomo dopo la distruzione del 98 per cento della popolazione mondiale. I sopravvissuti diventano più civili ed umani.
di Luigi Bianco
Ma il dopo che cos'è? Ecco uno dei temi sempre affascinanti che letteratura, cinema, televisione ed "esperti" ci rilanciano nei momenti di minore o maggiore tran-tran quotidiano. Se il mondo finisse improvvisamente, e dieci uomini qualsiasi fossero gli unici superstiti, che cosa succederebbe? La nostra fantasia ha sempre cavalcato queste ipotesi suggestive. La frase "vorrei vivere in un'isola deserta" è fondamentale nella vita di ogni uomo, sia essa suggerita dalla noia, dalla paura, dalla insoddisfazione o semplicemente dalla fantasia. Ma cosa fare in un'isola deserta, soli, con il silenzio attorno? Come vivere di nuovo? Robinson Crusoe, nel 1700, aveva trovato delle soluzioni abbastanza felici. Ma allora non c'era la bomba atomica e non c'erano le armi chimiche che possono distruggere ogni cosa in pochi minuti. Gli uomini erano, sì, un po' matti ma pur sempre limitati nelle loro follie. Oggi le ipotesi di fine del mondo appartengono di più alla sfera della paura che a quella della fantasia, se si pensa alle varie nubi che inquinano l'aria, ai digiuni di Pannella contro le centrali nucleari e per difendere i bambini che muoiono in ogni parte del mondo. In questo clima, arriva così anche in Italia la serie de "I sopravvissuti", una produzione londinese di grande suggestione, già conosciuta attraverso la Tv svizzera. Questi "matti" di uomini immaginano, per noi telespettatori, che il 98 per cento della popolazione mondiale sia sterminata da un'improvvisa e inarrestabile pestilenza. Ipotesi, come si è detto prima, per nulla fantascientifica. Ma cosa succede a quel 2 per cento di sopravvissuti? Si scatenano in incontri ravvicinati del terzo tipo? Scoprono nel deserto e nel silenzio una magica roulette, dove giocare il resto della vita? Affittano i Fonzie e compagni di turno per cantare fino alla fine "Happy Days"? O vanno in processione a sentire i maghi o i grandi oracoli? I sopravvissuti, per non smentire la felice follia degli uomini, sono più imprevedibili: continuano a vivere. Anzi, cercano di trovare le fonti di una vita più civile, più umana, meno competitiva, meno pericolosa. Con il destino che incombe, gli uomini sembrano diventare più buoni e duttili, senza lasciar perdere, naturalmente, la loro punta di follia. In una terra silenziosa, agricola, con splendidi bovini, tra l'Inghilterra e il Galles, inizia il cammino verso la nuova civiltà dei Sopravvissuti. Gli uomini e le donne sono ben assortiti: ma le donne, psicologicamente più forti (dicono), si dimostrano più a loro agio. C'è una bella vedova di trenta anni: Abby Grant (l'attrice Carolyn Seymour), ex ricca, raffinata. Una signora, insomma. C'è la giovane segretaria di origini operaie: ha venti anni e combatte la paura con l'aggressività. C'è un altro vedovo: Greg Preston, un ingegnere civile chiuso in se stesso. Questo terzetto affronta il cammino verso la scoperta di un nuovo mondo e, piano piano, a contatto con il pericolo, si accorge che con un minimo di solidarietà forse si vive meglio. Chi avrebbe immaginato che dei figli della "famigerata" civiltà dei consumi sarebbero sopravvissuti senza i loro indispensabili giocattoli? Senza il frigorifero, la luce, i mezzi di trasporto, i balli di Travolta, i medici, gli infermieri, le farmacie? La vedova Abby Grant ha anche una testa, dei sentimenti. Rimasta sola, si convince che suo figlio Peter deve essere vivo, e parte alla sua ricerca, alla ricerca di una speranza. Insieme alla segretaria, all'ingegnere e a qualche altro che man mano incontrano per strada (i sopravvissuti, in fondo, sono il 2 per cento!), inizia il cammino della speranza e della costruzione del nuovo mondo. Le prime puntate (degli otto epsiodi) servono per formare l'unione del gruppetto. Nelle altre puntate la ricerca del figlio della vedova fa da filo conduttore per attraversare le varie fasi (la fattoria, la comunità agricola, la comunità religiosa, i bambini) della costruzione di una altro modo di vivere. E, costretti, i nostri eroi imparano veramente a vivere. La ricerca della nuova realtà in questa serie televisiva tutta inglese (dal regista agli attori, al paesaggio) ha quel minimo di misterioso che rende ancora una volta l'avventura umana affascinante per gli stimoli spirituali ed esistenziali che accompagnano sempre il cammino degli uomini sulla Terra, sulla Luna, su Marte o non si sa dove.

Luigi Bianco

Quando cala il silenzio, dopo la fine del mondo o quasi, è un tema caro al cinema. Film capostipite, per l'era moderna, è certo "L'ultima spiaggia" ('59). Il regista Stanley Kramer ha spettacolarmente tradotto in immagini il romanzo di Nevil Shute che prevede il mondo distrutto da una guerra atomica. Il problema dei pochi sopravvissuti (gli interpreti sono Gregory Peck, Ava Gardner, Fred Astaire, Anthony Perkins) all'inizio è più o meno lo stesso di quello che hanno i protagonisti della serie televisiva. Il mondo distrutto dalla bomba atomica si ritrova, poi, in altri film come "La fine del mondo" con Harry Belafonte e Mel Ferrer. In tempi più recenti (1973) i giorni dopo la fine sono visti come ipotesi di mondi futuri mitici. Sono i temi di "Zardoz" (con Sean Connery) e di "2022: i sopravvissuti" (con Charlton Heston). In "Zardoz" il mondo è dominato dal potere religioso, per i sopravvissuti del 2022, invece, il potere mortale è il potere economico che, per esempio, decide di eliminare chi ha più di sessanta anni. Nel 1976 "La fuga di Logan" riprende questa ipotesi fissando il limite della vita a trenta anni. In questo filone si inserisce adesso anche Ugo Tognazzi, che si appresta a interpretare "I viaggiatori della sera", tratto dal romanzo di Umberto Simonetta sull'emarginazione degli anziani. Altri titoli: "L'ultima odissea" (con George Peppard), "2000: la fine dell'uomo", "Il giorno dopo la fine del mondo" e "L'ultimo uomo della terra". Un discorso a parte meriterebbe "Il signore delle mosche" ('63) di Peter Brooke: qui i sopravvissuti sono dei bambini, e la morale è triste e pessimista, al contrario dello sceneggiato televisivo.
 
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